domenica 8 dicembre 2013
AICE UMBRIA AUGURA A TUTTI UN NATALE PIENO DI SERENITA' ED UN NUOVO ANNO RICCO DI GIOIA
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Umbria, Italia
giovedì 28 novembre 2013
DOMANI A PERUGIA CONVEGNO DAL TITOLO "NUOVE STRATEGIE TERAPEUTICHE NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE CON EPILESSIA"
Fonte ASCA - Un Convegno dal titolo "Nuove strategie terapeutiche nella gestione del paziente con epilessia". Organizzato dalla S.C. di Neurologia dell'ospedale S.Maria della Misericordia di Perugia, diretta da Paolo Calabresi, è programmato per domani 29 novembre nelle Aule Universitarie della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Perugia. Hanno dato adesione esperti della patologia che operano in centri italiani ed europei. A presiedere la Segreteria scientifica, Cinzia Costa, ricercatore universitario e dirigente medico dell'Ospedale perugino, che ha perfezionato le proprie competenze specifiche nel campo delle epilessie in centri di eccellenza degli Usa. "L'epilessia è un disturbo neurologico cronico caratterizzato da crisi epilettiche continue - spiega la Costa - definite come manifestazioni cliniche parossistiche, di breve durata, caratterizzate da segno e/o sintomi dovuto a un'attività neuronale anomala. In Italia - continua la ricercatrice - sono circa 500.000 le persone che ne sono affette, con 30.000 nuovi casi per anno, con incidenza più elevata nei bambini e negli anziani. Non vi è dubbio che la patologia rappresenti un problema di vasta rilevanza sociale".
"Alla base della malattia - evidenzia la dottoressa per ricordare quali sono i fattori che possono causare l'epilessia - ci possono essere fattori acquisiti, come una sofferenza cerebrale perinatale, anomalie dello sviluppo corticale, trauma cranici, disturbi cerebrovascolari, infezioni cerebrali, interventi neurochirurgici, tumori cerebrali, ma anche anomalie genetiche possono determinare l'epilessia". Sulle modalità d'intervento, la dottoressa Costa sottolinea "l'intento è ottenere la completa libertà dalle crisi, senza compromettere la qualità della vita dei pazienti. I progressi diagnostici e di tecnica neurochirurgica rendono possibile l'intervento di rimozione del focolaio epilettico in una percentuale di pazienti significativamente maggiore rispetto al passato".
La giornata di studio si articolerà in varie sessioni dedicate all'aggiornamento delle metodiche diagnostiche e terapeutiche delle epilessie. In particolare sulle attuali conoscenze genetiche, sull'approccio multidisciplinare diagnostico-terapeutico nella gestione del paziente neuro-oncologico, sul trattamento dello stato epilettico in età evolutiva e pediatrica. "Il convegno che abbiamo organizzato - conclude la dottoressa - si propone l'obiettivo di fornire aggiornamenti sui farmaci disponibili, individuare e commentare le attuali linee-guida ed illustrare i moderni orientamenti nella gestione delle problematiche più comunemente osservate nella pratica clinica".
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giovedì 18 luglio 2013
EPILESSIA E INFORMAZIONE / La vergogna del mal caduco
Di epilessia non si parla mai e le poche volte che lo si fa è sulla base di pregiudizi, perché il mal caduco degli antichi romani mantiene ancora, nel terzo millennio, i connotati di malattia vergognosa.
Anche chi ne è affetto preferisce tacere, nasconderla, tenerla dentro di sé o all'interno della stretta cerchia familiare, dove il problema assume dimensioni spesso esagerate e comunque sempre distorte, che finiscono con l'alterare gravemente i rapporti all'interno del nucleo familiare e dell'intera famiglia con l'esterno.
Le campagne promozionali della benemerita AICE (Associazione Italiana Contro l'Epilessia) degli ultimi anni hanno avuto tutte titoli emblematici: "Il male oscuro di un italiano su cento", "L'epilessia, nasconderla non serve, curarla sì". Di epilessia soffre circa lo 0,5-1 per cento della popolazione generale (vale a dire che soltanto in Italia gli epilettici sono più di mezzo milione), ma fino a poco più di una decina d'anni fa ben il 27 per cento degli italiani non sapeva nulla di questa malattia: così, infatti, risultava da una delle prime indagini DOXA promossa dall'AICE all'inizio degli anni '90. Per fortuna, lo stigma verso questa malattia si è ridotto: l'80 per cento degli intervistati ha dichiarato infatti che non avrebbe avuto problemi a far giocare i propri figli con un bambino epilettico e il 70 per cento era favorevole all'inserimento di questi pazienti nel mondo del lavoro. L'8 per cento però considerava ancora l'epilessia una forma di alienazione mentale. A distanza di dieci anni le cose sono molto cambiate: nel 2002 un'altra campagna AICE - "L'epilessia va curata anche dai pregiudizi" - ha evidenziato come la maggior parte degli italiani continui a credere che con l'epilessia si nasce, mentre in realtà si tratta di una malattia che non è congenita, né ereditaria e può comparire a qualsiasi età per i più svariati motivi. Molti sono ancora convinti che si tratti di un male incurabile, mentre non è affatto vero. Ancora più persone sono convinte che chi è affetto da epilessia soffra di disturbi mentali, con episodi d'improvvisa aggressività. In ogni caso, questi malati vengono guardati quantomeno con sospetto e molti pensano che vadano comunque tenuti alla larga.
Certamente nulla in confronto a quanto accadeva nell'antica Scozia, dove l'epilettico era addirittura sottoposto a castrazione per impedirgli di generare figli malati. Nella Grecia classica, questi malati avevano miglior fortuna: l'epilessia era, infatti, il male sacro e chi ne veniva colpito era considerato posseduto dagli dèi, anche se restava comunque un emarginato, qualcuno in qualche modo diverso dagli altri. La vera "demonizzazione" di questa malattia doveva però ancora verificarsi. Cominciò nei secoli bui del Medioevo, quando le manifestazioni fisiche delle crisi epilettiche furono assimilate alla possessione satanica, con tutti i terribili drammi che ne conseguirono: inquisizioni, persecuzioni e roghi purificatori. Erano tempi in cui, più che vergognarsi di essere affetti da epilessia, se ne aveva un sacro terrore: se per i greci pagani l'epilettico era in un certo senso più vicino agli dèi, per il Medioevo cristiano il rapporto si invertì e il malato si trasformò in una preda del demonio, alla stessa stregua dei malati di mente, anch'essi ritenuti a quell'epoca vittime predestinate di Satana e Lucifero.
Lo stesso Dante Alighieri, descrivendo nella Divina Commedia un paziente colpito da un accesso epilettico (al verso n. 112 del XIV canto dell'Inferno), parla di "quei che cade e non sa como, per forza di demon ch'a terra il tira". E, quando a occuparsi di epilessia è la scienza, l'aura di morbo misterioso e inguaribile permane: Bertoldo di Regensburg, in una "revisione della letteratura scientifica" all'epoca disponibile, concluse che epilessia e lebbra erano le uniche due malattie per le quali le personalità scientifiche allora di riferimento (Avicenna, Ippocrate, Galeno, Costantino l'Africano, ...) non erano mai riuscite a trovar rimedio. Nel '400 si riteneva che con gli epilettici non si dovesse neppure parlare, né tantomeno fare il bagno, perché "anche con il solo respiro infettano la gente". La paura del "contagio epilettico" era così radicata, che il Concilio Cittadino di Basilea emise un decreto in base al quale agli epilettici era severamente proibito svolgere attività di compravendita in cibi e bevande, così come prendere residenza entro la cerchia della mura cittadine.
Finalmente nel '500, Paracelso (il famoso dottor von Hohenheim Teofrasto Filippo Aureolo Bombastus) scrisse due libri sull'epilessia in cui indicava ai colleghi che il paziente epilettico, piuttosto che essere trattato con pietà e disprezzo, un atteggiamento che faceva altro che generare vergogna, andava invece trattato con amore e compassione, le due armi migliori per guarire ogni malato, e li esortava a pensare che non si trattava di una malattia incurabile, mentre occorreva credere e pregare Dio che aveva creato i rimedi per ogni malattia. Nell'arco di poco più di una generazione, l'idea di un possibile rimedio, comincia a farsi strada. Agli inizi del '600, il medico francese Francois de la Boe, meglio noto come Silvio "scopre" che alla base di questa malattia c'è un disturbo dello spirito animale che costituisce l'amore. Sarebbe proprio questo disturbo a provocare l'irritazione del cervello che poi dà luogo all'epilessia.
Thomas Willis, il noto medico ortodosso anglicano dell'Inghilterra del '700 "inventore" del termine neurologia e autore del famoso libro Cerebri anatome, ritiene che questi spiriti animali presenti al centro del cervello possano risentire dell'influsso di particelle "eterogenee ed esplosive" che raggiungono il cervello attraverso il sangue. Il contatto può farle esplodere e ciò spiegherebbe i sintomi mentali dell'attacco epilettico, ai quali seguono tutta una serie di esplosioni nel resto del sistema nervoso, le quali provocano le convulsioni che tipicamente si scatenano in tutto il corpo. Eppure anche Willis, nonostante tutto il suo spirito illuministico, continua a risentire della tradizione demonologica nella quale ancora oggi affondano le radici della vergogna di questa malattia: "Assistendo alle convulsioni dell'epilettico", egli dice, "si deve senza dubbio ritenere che il demonio reciti il suo ruolo in questa tragedia". Anche per un uomo di scienza, senza la sicurezza che invece oggi c'infondono le conoscenze sui meccanismi biologici della malattia, il turbamento generato dalla vista di un epilettico in preda a una crisi doveva essere molto forte.
Tant'è che, ancora un secolo dopo, anche altri uomini di scienza facenti capo alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Lipsia, pur dichiarando ufficialmente che in una coppia l'epilessia di uno dei coniugi non costituisce motivo sufficiente per lo scioglimento del matrimonio in quanto non si tratta di malattia ereditaria né contagiosa, non se la sentono ancora di escludere che l'altro partner possa in qualche modo non risentire nella malattia del coniuge epilettico. Evidentemente, continua a sopravvivere l'idea che la semplice vista dell'epilettico in preda a una crisi possa, a sua volta, scatenare un attacco in una persona particolarmente sensibile. Se non contagiosa come le malattie infettive, l'epilessia conservava quantomeno il rischio di scatenare una sorta di contagio emotivo continuando ad alimentare lo stigma che l'aveva sempre accompagnata.
Convinzioni di questo tipo non devono meravigliare se, ancora alla fine dell'Ottocento, c'era chi pensava che: "L'epilessia guasta il carattere, producendo indebolimento mentale e stupore. Provoca depressione, morbosità, anzi allucinazioni. L'anestesia che gli epilettici hanno nei loro sensi, la portano anche nel cuore". Così scriveva alla fine dell'800 Cesare Lombroso, il famoso medico torinese fondatore della moderna criminologia, delineando il profilo psicologico del paziente epilettico. Qualche anno dopo queste affermazioni, Lombroso, avrebbe addirittura elaborato il concetto di "pazzia epilettica" che, secondo le sue improbabili teorie, costituiva il denominatore comune di ogni personalità criminale. Se la religione aveva presunto un concetto di equivalenza fra epilessia e possessione demoniaca, la scienza, passando attraverso quello di prevalenza dello spirito animale, era arrivata a mettere sullo stesso piano epilessia e criminalità. E' in questa fantasiosa evoluzione interpretativa che affondano le radici della vergogna dell'epilessia, ancora oggi tanto rigogliose. L'attacco epilettico in realtà è solo una sorta di rivolta elettrica scatenata da un gruppo di cellule nervose cerebrali anarchiche che, rapidamente, coinvolgono nel loro ammutinamento anche le altre: se le cellule che si associano a questa rivolta sono poche l'attacco rimane focale, cioè confinato a una piccola area cerebrale. Se invece sono molte, l'attacco diventa multifocale o addirittura generalizzato.
Quando la gente capirà che l'epilessia è semplicemente un fenomeno d'impulsività elettrica cerebrale, questa malattia perderà di colpo gran parte dell'alone di mistero e di vergogna che la perseguita da secoli, perché quando a una malattia viene riconosciuta una precisa base organica, la sua vergognosità si dissolve rapidamente. Lo stesso è accaduto per esempio con la meningite, una malattia che fino a non molti anni fa non veniva mai neppure menzionata, perché evocava subito il pensiero dei suoi esiti debilitanti. Quella vergogna si è dissipata solo quando, con l'evoluzione delle terapie, anche la meningite è divenuta una malattia curabile come le altre, liberata dal rischio delle conseguenze negative osservate per secoli e che avevano finito per essere considerate ineluttabili. Allo stesso modo, anche l'epilessia può ormai liberarsi definitivamente dallo stigma che l'ha sempre perseguitata: oggi è praticamente sempre curabile e il paziente può quantomeno convincerci, conducendo un'esistenza pressoché normale.
La maggior parte delle forme epilettiche (ce ne sono una trentina di tipi diversi, dal 1989 suddivisi secondo la Classificazione Internazionale delle Epilessia e delle Sindromi Epilettiche in quattro grossi gruppi) possono essere trattate con molti farmaci diversi (dal vecchio gardenale al più recente topiramato) che consentono di evitare le crisi o di ridurne la frequenza e l'intensità, perché attenuano l'ipereccitabilità delle cellule nervose cerebrali. Ormai si sa quanta e che tipo di efficacia ci si può grossomodo attendere da ognuno di questi farmaci nelle varie forme di epilessia e infatti, a seconda del tipo, uno stesso farmaco può essere, di volta in volta, considerato di prima o seconda scelta.
La prima regola per trattare in maniera corretta un'epilessia è quella di un inquadramento diagnostico preciso tenendo conto di quel fenomeno chiamato "aura", cioè dei segni sospetti premonitori dell'attacco. La seconda regola è che nella terapia di questa malattia non si può mai generalizzare troppo: per esempio in alcuni casi sono stati riportati buoni risultati con un singolo farmaco, arrivando a una percentuale dell'80 per cento di pazienti liberi da crisi. In altri si deve ricorrere a più farmaci insieme e all'opposto ci sono addirittura casi (come alcune epilessie generalizzate primarie o alcune epilessie parziali dell'infanzia) che, per la rarità o l'insorgenza notturna delle crisi o per la costante evoluzione verso la guarigione spontanea, possono anche non dover essere trattate con farmaci.
Comunque, dopo aver scelto il farmaco è altrettanto importante per il medico scegliere la dose e le modalità di somministrazione, una scelta che dipende sempre da molti fattori assolutamente individuali come l'età, il quadro clinico e le caratteristiche cinetiche del farmaco: si tratta di fattori così variabili da persona a persona che, dai primi anni '70, la loro influenza viene routinariamente controllata attraverso una verifica continua delle concentrazioni del farmaco nell'organismo tramite un semplice prelievo del sangue. L'importante è infatti mantenere la concentrazione del farmaco entro livelli efficaci. Il riturale controllo del dosaggio ematico del farmaco può anche costituire per qualcuno un'occasione di vergogna: quando il trattamento gli ha ormai restituito un'esistenza pressoché normale consentendogli di far finta (anche con sé stesso) di non essere più malato, questo esame può infatti rappresentare una sorta di appuntamento con la verità e non è raro osservare pazienti che nascondono agli altri il vero motivo per cui ogni tanto devono fare l'esame del sangue, cosicché spesso raccontano di farlo per altri motivi (problemi di fegato, colesterolo, eccetera) oppure semplicemente per tenere sotto controllo la loro salute.
Allo stesso modo anche la dilazione che qualche paziente può mostrare nell'effettuare questi ciclici controlli può talvolta nascondere la sottile vergogna di dover ammettere a sé stessi che in realtà si è ancora malati, quando invece l'efficacia della terapia e la scomparsa delle crisi davano la sensazione di una vita assolutamente normale. Per ognuno di questi farmaci la concentrazione ematica ha un limite massimo e un limite minimo, all'interno del quale nella maggior parte dei casi si ottiene la miglior risposta terapeutica. Non si tratta di un valore assoluto perché, come spesso accade nelle terapie mediche, ogni sospetto ha il suo: in alcuni casi le crisi scompaiono con valori anche al di sotto del limite minimo, mentre in altri occorre raggiungere le massime concentrazioni. Ancor più variabile è poi la risposta individuale ai diversi farmaci oggi disponibili. Anche se tutti i pazienti presentano in genere una risposta a ogni antiepilettico, c'è chi risponde subito benissimo al primo, mentre altri devono provarne anche due o tre diversi, prima di ottenere l'efficacia migliore. Poiché le cure vanno adattate caso per caso, non sempre è possibile individuare subito il farmaco giusto e i dosaggi migliori per ogni singolo paziente: a volte il periodo di aggiustamento della terapia richiede anche molto tempo e può accadere che il paziente, spazientito, si affidi a un altro medico. Ciò costituisce un grave errore in quanto, non solo priva il primo della possibilità di aiutarlo realmente, ma costringe il secondo a ricominciare tutto daccapo, rinviando ulteriormente il successo della terapia. Spesso, in questi comportamenti gioca un certo peso sia lo stigma legato all'epilessia per cui il paziente vuole al più preso liberarsi da una malattia vergognosa, sia la paura di malattie più gravi (di solito si teme un tumore cerebrale) che lo spinge a screditare l'interpretazione diagnostica del medico, un'idea che ai suoi occhi finisce per essere confortata anche da quella che lui erroneamente interpreta come inefficacia della terapia: "Mi fa prendere gli antiepilettici, ma io chissà perché non vedo nessun miglioramento...".
In altri casi, soprattutto quando si tratta del primo episodio di malattia, sono i genitori (soprattutto le madri) ad avere un iniziale rifiuto della diagnosi e della terapia antiepilettica del loro figlio, anche se non si tratta più di un bambino: questa diagnosi fa infatti molto frequentemente scattare in loro un sottile senso di colpa per la vergogna di avergli trasmesso una malattia infamante: "Noi siamo sempre stati sani", è una frase spesso rivolta al primo medico che comunica la diagnosi, perché non si riesce ad accettare la vergogna di un coinvolgimento nella trasmissione dell'epilessia, una malattia che invece, è bene ripetere, non è affatto ereditaria.
Se poi si tratta di un bambino (dove peraltro le epilessia sono molto più frequenti che nell'adulto) un'ulteriore remora è rappresentata dal timore di molti genitori per una grave interferenza di questi trattamenti con la carriera scolastica del figlio. Invece, se il rendimento del bambino non è buono, non è colpa delle medicine, ma piuttosto del senso di sfiducia in sé stesso che qualcuno, a causa della sua malattia, può avergli trasmesso in famiglia o a scuola. Il bambino epilettico ha un'intelligenza del tutto normale e va semplicemente incoraggiato e mai trattato come un malato e, anche fuori dalla scuola, va sempre stimolata la sua socialità, facendolo stare insieme agli altri bambini. Solo in casi particolari occorre evitargli giochi e attività che richiedono sforzi prolungati (l'affanno può infatti favorire le crisi) o, se c'è ancora il rischio di attacchi, va tenuto lontano da situazioni rischiose come arrampicarsi in luoghi da cui potrebbe cadere o nuotare senza essere controllato.
Comunque, sopo qualche anno di benessere anche questi divieti scompaiono, ma fino ad allora su una cosa i genitori devono essere inflessibili: la regolare somministrazione delle medicine. Come per l'adulto le cure non vanno mai sospese di propria iniziativa, anche se per molto tempo non si sono più ripresentate crisi. Ogni terapia antiepilettica richiede lunghi periodi di tempo (almeno cinque anni): le crisi sono in genere controllate subito dai farmaci, ma se questi venissero interrotti bruscamente gli attacchi tenderebbero a ripresentarsi. Anche in questo caso ci sono estremi benigni, cioè pazienti che non ricadono nella malattia se si sospende il trattamento e altri nei quali la terapia non può essere ridotta o interrotta senza che si abbia una ripresa della sintomatologia. Col passare del tempo, comunque, l'ipereccitabilità neuronale tende in genere ad affievolirsi e le cellule imparano da sole, o con dosi sempre più basse di farmaci, a funzionare in maniera normale.
Soltanto a questo punto, le dosi dei farmaci potranno essere, sempre gradualmente e lentamente, ridotte fino eventualmente a un loro completo abbandono. Ciò è possibile quando, per almeno due anni, non si verifica nessuna crisi e l'esame elettro-encefalografico non evidenzia alterazioni nell'attività elettrica dei neuroni cerebrali. Anche se questi farmaci vengono presi a lungo non c'è pericolo di assuefazioni e finché non viene raggiunta la guarigione definitiva, il loro effetto terapeutico si conserva nel tempo, anche a distanza di molti anni.
Eppure, non è ancora facile dire a cuor leggero: "Io soffro di epilessia!". Sul n. 54 del 2000 dell'autorevole rivista scientifica Neurology uno studio americano ha messo in evidenza come buona parte della colpa di questa vergogna vada oggi ascritta anche ai mass media. In ben un terzo degli articoli pubblicati su giornali e riviste a proposito di fatti di cronaca che riguardavano in qualche modo l'epilessia e presi in esame dai ricercatori, la malattia è risultata infatti quasi sempre presentata in maniera inaccurata e scorretta, con toni spesso enfatizzati ed esagerati. Forse a vergognarsi di scrivere in questo modo, dovrebbero essere i giornalisti...
Cazzullo, Peccarisi
Il Prof. Carlo Lorenzo Cazzullo, è stato il Presidente Onorario della Società Italiana di Psichiatria e il Dott. Cesare Peccarisi è giornalista del Corriere della Sera e lavora all'Istituto Carlo Besta di Milano
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lunedì 15 luglio 2013
LE EPILESSIE OGGI
Le epilessie oggi
Prof. Raffaele Canger
Prof. Raffaele Canger
Cattedra di Neurofisiologia Clinica dell'Università, Centro Regionale per l'epilessia, Ospedale San Paolo, Milano
"E qual è quel che cade, e non da como per forza di demon ch'a terra il tira, o d'altra oppilazion che lega l'omo, quando si leva, ché intorno si mira tutto smarrito della grande angoscia ch'elli ha sofferta, e guardando sospira, tal era il peccator levato poscia". Con queste due terzine Dante sintetizza magistralmente le due più accreditate credenze esistenti nei confronti della natura dell'epilessia: quella magica, ovvero la possessione demoniaca, e quella scientifica, che considera l'epilessia una malattia, ovvero una "oppilazion" che affligge l'umanità. La prima traduce convinzioni millenarie, che hanno trovato ampio riscontro nelle descrizioni dei Vangeli, ed in modo particolare in Marco; la seconda, al contrario, rispecchia la tradizione ippocratica, per la quale l'epilessia era di origine cerebrale, non aveva nulla di sacro né di demoniaco, ed era "da riguardare come tutte le altre malattie". Dal greco epilambanein, che significa "essere colti, esser sopraffatti di sorpresa", l'epilessia rappresenta un sintomo, una modalità di reazione del cervello agli stimoli più diversi. Meglio: le epilessie, in quanto tali modalità di reazione (rappresentate dalle crisi) sono oltre quaranta, e dipendono dalla sede in cui ha origine il cortocircuito che le sottende, dall'estensione della zona cerebrale interessata, nonché dal grado di maturazione cerebrale, e quindi anche dall'età del soggetto. La formulazione diagnostica di "epilessia" va effettuata sulla base di dati clinici (presenza di crisi, che mostrino una tendenza recidiva), mentre all'elettroencefalogramma (EEG) va riservato esclusivamente un ruolo secondario. Vi sono infatti persone "senza epilessia" che presentano tracciati alterati in senso epilettico, mentre numerosi sono i soggetti "con epilessia" il cui tracciato è del tutto normale. Molteplici sono le cause che possono sottendere un'apilessia: cause prenatali (secondarie a gameto, embrio o fetopatie, malattie o traumi della madre); perinatali (sofferenza da parto), che determinano il 60% delle epilessie da causa nota; postnatali, tra cui traumi, tumori, affezioni vascolari, metaboliche ecc. Le epilessie da causa nota sono dette "sintomatiche"; quelle in cui si presuppone l'esistenza di una causa, peraltro non dimostrabile, vengono chiamate "criptogeniche". Esistono, inoltre, epilessie "sine causa" legate a una predisposizione familiare su base genetica. E' importante sottolineare come il tipo di crisi non dipenda mai dalla causa, bensì dalla sede in cui ha origine il cortocircuito. Sulla base di dati clinici ed elettroencefalografici si distinguono epilessie generalizzate ed epilessie parziali. Nelle prime, il cortocircuito interessa sin dall'inizio tutto il cervello (si distinguono forme "primarie", che derivano da una predisposizione genetica, mentre si parla di forme "secondarie", quando esiste una presumibile causa); nelle seconde, il cortocircuito ha un'origine focale, circoscritta, che determina crisi semplici, quando non vi è perdita di contatto con l'ambiente, e crisi "complesse", quando tale perdita è presente. In una relativamente piccola percentuale di casi, poi, le crisi hanno un inizio parziale, ma il cortocircuito presenta successivamente una generalizzazione secondaria (epilessie parziali con generalizzazione secondaria). E' opportuno sottolineare come le epilessie "generalizzate" siano età-dipendenti, mentre quelle "parziali" possano insorgere a qualsiasi età. Ciò significa, contrariamente a quanto ritenuto da molti, che le epilessie si manifestano in qualsiasi momento della vita, anche se è accertato che l'80% di tutte le forme di epilessia si manifesta prima del 20° anno di età.
Come già detto, il verificarsi di una unica crisi non consente di porre diagnosi di epilessia; il 5% della popolazione, infatti, presenta una unica crisi nel corso della vita. La prescrizione di una terapia antiepilettica, pertanto, va effettuata unicamente in soggetti con crisi "recidivanti", indipendentemente da quanto rilevato all'EEG. L'affermazione che curando soggetti i cui tracciati sono patologici si possa "prevenire un'epilessia" è falsa. La prevenzione va effettuata nelle sale parto, migliorando l'assistenza perinatale, adottando misure che riducano la gravità di possibili traumi craniocerebrali (casco, cinture di sicurezza, ecc.), oppure ancora trattando adeguatamente episodi convulsivi febbrili, se prolungati (frequenti in età evolutiva), o coloro che siano stati sottoposti a traumi o interventi importanti a carico del sistema nervoso centrale. Sono concetti, questi, che dovrebbero essere noti a tutti, in quanto la problematica "epilessia" è di vasta dimensione sociale: l'1% della popolazione, infatti, presenta un'epilessia (in Italia oltre seicentomila persone, più di novantamila nella sola regione Lombardia), con una incidenza di circa 25-30 mila nuovi casi ogni anno.
Eppure, come risulta da un'inchiesta Doxa, il 27% della popolazione italiana adulta non ha mai sentito parlare di epilessia, e non ne conosce il significato. Come già è stato accennato, esistono oltre quaranta tipi di crisi. Nell'ambito delle epilessie generalizzate (che sono età-dipendenti), si verificano - durante il primo anno di vita - i cosiddetti "Tic di Salaam" (Sindrome di West), contrazioni brusche, ripetute, che assomigliano al saluto mussulmano, e che si accompagnano a un arresto dello sviluppo psicomotorio. In periodo prescolare sono tipiche le crisi "acinetiche" (Sindrome di Lennox-Gastaut) che comportano una improvvisa caduta a terra dalla quale il soggetto si rialza immediatamente, spesso dopo aver riportato ferite al volto o al capo. In età scolare si verificano le "assenze" (Sindrome di Friedman) ovvero perdite di contatto con l'ambiente di breve durata, che possono ripetersi anche cento e più volte nel corso della giornata, condizionando gravemente il rendimento scolastico di coloro che ne soffrono. I bambini "si incantano" per pochi secondi, e immediatamente dopo riprendono l'attività interrotta, o il filo del discorso. In età adolescenziale, invece, si verificano - specie dopo il risveglio - scosse brusche (Sindrome di Janz) generalmente limitate agli arti superiori, favorite da risvegli precoci, stress o veglie prolungate. Gli oggetti che il soggetto ha in mano, a seguito della crisi, vengono scagliati a terra. Nell'ambito delle epilessie parziali (non età-dipendenti), il tipo di crisi è legato alla zona cerebrale in cui ha origine il cortocircuito: se è interessata la zona motoria, il sintomo si traduce con scosse più o meno ritmiche a carico di un segmento corporeo; se è coinvolta la zona sensitiva, si avranno parestesie (formicolii). Le crisi possono manifestarsi anche con sintomi visivi, gustativi, uditivi, quando sia interessata la rispettiva zona cerebrale. Accanto a queste manifestazioni, sempre uguali nello stesso soggetto, che non sono accompagnate da perdita di contatto con l'ambiente (il soggetto "vive" la propria crisi), vi sono le crisi parziali complesse. Precedute, in genere, da una sensazione che viene avvertita dal soggetto (la cosiddetta "aura"), sono caratterizzate da una perdita di contatto con l'ambiente, e dalla comparsa di tutta una serie di automatismi (orali, gestuali, verbali, deambulatori) e di fenomeni vegetativi più o meno intensi (pallore, rossore, sudorazione, aumentata secrezione salivare, ecc). Le crisi, la cui comparsa è spesso a grappolo, terminano con una fase confusionale, con graduale ripresa dello stato di coscienza. La crisi epilettica di cui tutti hanno sentito parlare, e che tanto panico genera in chi la osserva, è quella di Grande male: grande, in quanto fenomenologicamente più vistosa, non in quanto più grave sotto il profilo prognostico. Esistono, infatti, grandi mali che guariscono subito e piccoli mali non controllabili da alcuna terapia. Il soggetto emette un urlo, cade al suolo con gli occhi arrovesciati, irrigidito, cianotico in volto con la bava alla bocca, presentando successivamente contrazioni brusche ai quattro arti, alle quali segue generalmente un periodo più o meno lungo di sonno, o di malessere generale (dolori muscolari, nausea, vomito). Contrariamente a quanto si crede, la lingua - nel corso della crisi - non cade all'indietro. Pertanto le pratiche comuni di tentare di aprire la bocca per tirare fuori la lingua, oppure mettere qualcosa tra i denti per evitare una morsicatura della medesima, sono errate, in quanto possono danneggiare sia coloro che le mettono in atto, sia quelli che le subiscono. Quando si interviene, infatti, per evitare la morsicatura della lingua, questa - se doveva verificarsi - è già avvenuta. Gli arti, poi, non vanno mai trattenuti per il rischio di possibili fratture. Di fronte a un soggetto con crisi basta porre sotto il capo un oggetto morbido o un cuscino, slacciare il colletto, ruotare il capo da un lato, se vi è eccessiva produzione di saliva, e aspettare che la crisi cessi. Chiamare un'ambulanza è per lo più inutile, in quanto il soggetto arriva al Pronto Soccorso a crisi terminata, e i provvedimenti cui viene sottoposto sono spesso del tutto inutili.
Di epilessia si può guarire. In sette casi su dieci si ottiene, comunque, un controllo della sintomatologia se, a una corretta diagnosi, segue la prescrizione di una terapia idonea, cose queste che non sempre si verificano. Quest'ultima è spesso rappresentata dal Valproato di sodio, unico farmaco antiepilettico ad ampio spettro d'azione attualmente in commercio, e dalla Carbamazepina, soprattutto nelle epilessie parziali. Generalmente si fa ricorso a una monoterapia, vale a dire alla prescrizione di farmaci a composizione chimica unica, la cui posologia può essere messa a punto mediante la determinazione del dosaggio plasmatico del farmaco. Tutti i farmaci antiepilettici possono determinare l'insorgenza di effetti collaterali che possono essere di natura idiosincrasica (reazioni di tipo allergico), oppure dose dipendenti o ancora, dose indipendenti. Il medico che prescrive una terapia deve quindi informare il paziente sulle modalità con le quali si possono manifestare tali reazioni avverse, e soprattutto deve poter garantire una reperibilità immediata qualora la terapia dovesse creare all'utente effettivi problemi, o anche soltanto timori. La terapia delle epilessie è in genere lunga, e può durare spesso anche tutta la vita. In molti casi, tuttavia, la posologia potrà essere ridotta, sino alla sospensione del farmaco, quindi alla guarigione completa. Dopo una trentennale esperienza epilettologica ritengo che "guariti" dall'Epilessia debbano ritenersi "tutti coloro con Epilessia, le cui crisi siano controllate dalla terapia in atto". Il sogno che "troppi" pazienti rincorrono, di condurre una vita senza la "schiavitù" del farmaco è troppo spesso frustrato da imprevedibili ricadute. Le persone con epilessia devono e possono condurre una vita uguale a quella delle persone senza epilessia. Se le crisi non sono controllate, tuttavia, è sconsigliabile fare il bagno senza un testimone, mentre è vietata la guida di un veicolo. Dopo due anni senza crisi, tuttavia, è previsto il rilascio della patente. Una donna con epilessia, anche se in trattamento, può portare a termine una gravidanza senza problemi particolari, purché sia seguita da persona competente. Anche se nella letteratura esistono segnalazioni di un aumentato rischio teratogenetico, nel nostro campione di oltre seicento donne con epilessia, seguite per tutto l'arco della gravidanza dal 1977 a tutt'oggi, il numero di nati presenza una incidenza di malformazioni che è di poco superiore a quello rilevato in nati da madri senza epilessia. Per ridurre l'incidenza di malformazioni è opportuna la somministrazione di 4 mg di acido folico da assumere in epoca preconcezionale sino al terzo mese di gestazione. Nessuna malattia presenta risvolti medici e sociali, tra di loro così interdipendenti, come l'epilessia. Numerose sono, infatti, le problematiche sociali che coinvolgono le persone con epilessia, non solo nell'ambito della famiglia e della scuola, ma anche nel mondo del lavoro. La collettività accetta senza difficoltà coloro che presentano un handicap stabile, ad esempio una paresi spastica, e rifiuta invece chi è del tutto normale ed improvvisamente va "contro la logica" e sconvolge l'ordine delle cose, con una crisi di breve durata. Atteggiamenti, questi, che derivano da scarsa informazione, che sono tuttavia spesso sostenuti da disposizioni legislative discriminanti ed inique. Chi ha l'epilessia, ad esempio, sulla base di presupposti non supportati da adeguati criteri scientifici, non può donare il sangue, oppure operare in strutture della pubblica amministrazione. Disinformazione che noi cerchiamo di combattere attraverso l'attività delle Associazioni regionali per la lotta contro l'epilessia, con campagne stampa, dibattiti televisivi e radiofonici, incontri nelle scuole, con l'aiuto di quei pochi che ci danno una mano e, qualche volta, anche un aiuto economico. Tutti sostengono la campagna per la lotta al cancro, forse perché di cancro si muore. La morte civile cui sovente il cittadino con epilessia va incontro è tuttavia spesso ben più tragica di quella che pone fine alla nostra esistenza.
Bibliografia essenziale:
- Cander R, e Cornaggia C.M. - Pubblic attitudes toward epilepsy in Italy: results of a survey and comparison with USA and West German data. - Epilepsia, 26:221-226, 1985
- Canger R. - Le epilessia oggi. - Masson Italia, Milano, 3a Edizione, 1990
- Canger R. - Le Epilessie: queste sconosciute. - Pragma Editrice, Milano, 1993
- Canger R., Canevini M.P., Guidolin L. et al. - In tema di epilettologia. - Novartis Medical Communications Ed., Milano, 1998
- Canger R., Canevini M.P., Guidolin L., et al. - Vademecum per una corretta prescrizione dei farmaci antiepilettici. - Sigma Tau Ed., Gennaio 1996
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Raffaele Canger
domenica 14 luglio 2013
EPILESSIA E CRISI / Guarigione, una conquista AICE
Estremamente limitati sono i casi di guarigione nelle epilessie, legati soprattutto a forme che spontaneamente guariscono o ad intervento chirurgico.
Fino a poco tempo fa, però, il riconoscimento della guarigione era negato. Con l'abrogazione dell'art. 320 del DPR 495 del 1992 finalmente conseguito, dopo articolata e complessa vicenda correlata con il recepimento della Direttiva CE 112 del 2009 sulla patente, con il Decreto Legislativo n. 59 del 18 aprile 2012 è stato finalmente previsto un primo riconoscimento legislativo della guarigione da epilessia.
Per verificare la propria condizione con quella di persona guarita, riferitevi al vostro medico curante.
AICE si sta adoperando per perfezionare, con nuovo atto legislativo, tale riconoscimento sulla base della certificazione in evidenza scientifica di medico specialista in neurologia o disciplina affine e non a discriminante intervallo di tempo di 10 anni di assenza di crisi e di terapie.
La guarigione è, per tutte le patologie, il superamento di una condizione patologica con il ritorno della persona all'interno della normale percentuale di probabilità di rimanifestarla.
AICE, per l'epilessia ritiene che essa debba essere certificata in evidenza scientifica da parte di medico specialista in neurologia o disciplina affine ed accertata dalla competente Commissione Medica Locale.
Alcune forme di epilessia guariscono spontaneamente, in alcuni casi supportati da terapie farmacologiche in altri a seguito di terapia chirurgica. Si ritiene che solo un 5% delle persone con epilessia ricada in questa condizione. Per avere informazioni circa la propria condizione è necessario rivolgersi direttamente al proprio medico curante.
Dal 1997, con il convegno "Epilessia e Guaribilità. 2 giugno: Cittadini di questa Repubblica", AICE pose le basi per promuovere azioni amministrative, giuridiche e legislative per conseguire la piena cittadinanza delle Persone con Epilessia.
La prima cosa da fare era il riconoscimento che sotto il termine epilessia erano raccolte numerosi e differenti quadri clinici che non potevano essere sottoposti alle medesime limitazioni.
Il riconoscimento dei casi di guarigione, nonostante AICE sia composta essenzialmente da persone con epilessie farmaco resistenti e loro famigliari, divenne strategico per la frantumazione della discriminante omologazione.
Il riconoscimento dei casi di guarigione avrebbe determinato oltre a ciò la piena dignità per la persona guarita e per lo stesso medico che la certificava.
Una discriminante omologazione che trovava il suo essere nel disposto dell'art. 320 del DPR 495 del 1999 che, tra l'altro, negava la possibilità di riconoscere i casi di guarigione, imponendo loro, per tutta la vita il riconoscimento della patente solo per la categoria A e B e con validità biennale.
Finalmente, con il contributo dell'AICE si poteva lottare contro la discriminazione con obiettivo certo e non limitarsi solo a lamentarsi del suo persistere.
Vincenzo Sardone fu il primo caso su cui s'impegnò AICE, ottenendo, in via amministrativa, accertamento da parte della CML, da parte il riconoscimento della guarigione, invero furono rimosse le ingiuste limitazioni apportate da medico, durante ennesimo ordinario rinnovo della patente, unicamente sulla base della, da lui stesso riportata, unica crisi febbrile avuta in tenera età e mai certificata.
Mario Guariento fu il primo caso, nel 2009, che AICE sostenne in un primo ricorso, bocciato al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, e nel successivo ricorso al TAR del Veneto che, con Sentenza n. 73 del 19 gennaio 2009, riconobbe la sua guarigione.
In via amministrativa venivano intanto ottenuti il riconoscimento di Michele Cocconi il 29 aprile 2009 presso la CML di Parma e di Luca Corradini il 6 novembre 2009 presso la CML di Reggio Emilia.
Marco Andrighetto, pur sempre in via amministrativa, ottenne, sostenuto da AICE, il primo riconoscimento della guarigione con ricorso al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti con decreto del 22 marzo 2010.
Silvia Dainese fu il secondo ricorso che AICE sostenne presso il TAR del Veneto che, con sentenza n. 2716 del 24 giugno 2010.
A seguire, come ad esempio per Alessandra Chiapparini, fu sempre più facile conseguire il riconoscimento dei casi di guarigione sulla base della certificazione in evidenza scientifica da parte del medico specialista ed accertamento della competente CML.
Intanto AICE era riuscita a far presentare il 14 gennaio 2009, grazie al sostegno bipartisan di 81 Deputati, la Proposta di Legge 2009 "Norme per il riconoscimento della guarigione e per la piena cittadinanza e l'integrazione sociale delle persone con epilessia", ove al primo articolo compariva il riconoscimento dei casi di guarigione sulla base della certificazione medico-specialistica.
Successivamente alla presentazione della PDL 2060, nel corso del recepimento della Direttiva CE 113 del 25 agosto 2009, AICE propose al Ministero l'inserimento del riconoscimento dei casi di guarigione ed il superamento di quanto disposto dall'art. 320 DPR 495/02 ed a LICE, verificata la non convergenza di procedere per via legislativa, di convergere su proposta condivisa.
Approssimandosi alle indicazioni provenienti dall'associazione professionale (riconoscimento della guarigione a fronte di periodo di 5 anni di assenza di crisi in assenza di terapia, E. Beghi - 13 febbraio 2010) AICE, con la collaborazione di altri componenti il tavolo tecnico attivato al MIT, riuscì a mettere sulla prima bozza il riconoscimento dei casi di guarigione.
Successivamente alla prima riunione, il 17 marzo 2010, AICE ricevette dai due componenti LICE nominati nel gruppo tecnico di lavoro, Dr. E. Beghi e Prof. O. Mecarelli, duplice proposta, l'una ove compariva una doppia guarigione condizionata a seconda del mezzo per cui si richiedeva l'idoneità alla guida, l'altra identica proposta in cui scompariva il termine guarigione che veniva sostituito da "considerati liberi da restrizioni o limitazioni".
Ribadita da AICE a LICE la necessità di avere chiaro ed unico concetti di guarigione, il 23 marzo 2010 il Dott. E. Beghi ed il Prof. O. Mecarelli inviarono proposta da loro considerata "definitiva" in cui confusamente si reiteravano due distinte condizioni di guarigione clinica: "Possono essere considerate clinicamente guarite e non più soggette a restrizioni o limitazioni le persone che su conforme certificazione rilasciata da uno specialista in neurologia (o disciplina equipollente) risultino non aver avuto crisi epilettiche da oltre 5 anni di assenza di trattamento farmacologico per il gruppo 1 e non aver avuto crisi epilettiche da almeno 10 anno in assenza di trattamento farmacologico per il gruppo 2, fatte salve le specifiche prescrizioni di cui ai punti seguenti".
Respinta tale confusa "definitiva" proposta, AICE con incontro diretto con il MIT ribadì l'importanza di definire unico riconoscimento dei casi di guarigione e di adottare strumento normativo che permettesse l'abrogazione dell'ingiusto e discriminante art. 320 del DPR 495/92.
Il Governo dovette poi emettere il Decreto Legislativo n. 59 del 18 aprile 2011 in cui, recependo la Direttiva CE n. 113 del 2009 sulla patente, ove per l'epilessia si conseguivano adeguate misure per il riconoscimento del titolo di guida, si prevedeva contestualmente il riconoscimento dei casi di guarigione e finalmente l'abrogazione, per quanto riguardava l'epilessia, dell'ingiusto e discriminante art. 320 del DPR 495/92.
Non riusciti, per azioni dilatorie poste in essere da soci LICE e FIRE a terminare l'avviato esame parlamentare della PDL 2060, per conseguire il riconoscimento dei casi di guarigione con certificazione medica specialistica in evidenza scientifica non rimane altro che ripresentare nuova Proposta di Legge a lavorare per la sua approvazione.
[Fonte A.I.C.E. onlus - www.aice-epilessia.it]
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sabato 13 luglio 2013
PERCORSO EPILESSIA / Centri di cura
Centri di cura per le epilessie
elenco per regione in continuo aggiornamento
elenco per regione in continuo aggiornamento
I medici specialisti in neurologia o discipline affini, sono competenti per la cura delle epilessie, il vostro medico curante saprò indicarvi il centro competente più prossimo alle vostre esigenze.
I Centri di cura in Umbria
Azienda Ospedaliera Perugia
Ambulatorio Epilessia "Silvestrini"
Neurofisiopatologia
S. Andrea delle Fratte
06100 Perugia (PG)
Tel. 075/5782600
Fax. 075/5782370
e-mail: neurofisiopatologia@ospedale.perugia.it
Azienda Ospedaliera "S. Maria" Terni
Centro Epilessia
Neurofisiopatologia
Via Tristano di Joannuccio
05100 Terni (TR)
Tel. 0744/205379 - 205622
Fax, 0744/205483
PERCORSO EPILESSIA / Gioco e Sport
Gioco e Sport
Bambini e ragazzi affetti da epilessia possono praticare liberamente gran parte dei giochi e delle attività sportive.
Le uniche limitazioni riguardano, ovviamente, quelle attività (es. alpinismo, paracadutismo) in cui un'eventuale crisi improvvisa potrebbe mettere a repentaglio la vita.
Altri sport (come ad esempio il nuoto e lo sci) possono essere praticati, purché avvenga sotto la diretta sorveglianza dell'adulto.
Per gli adulti la possobilità di praticare attività sportive è condizionata, ovviamente, dal tipo di epilessia, dalla persistenza o meno delle crisi e dalla presenza di eventuali fattori che possono scatenarle. Certi sport possono comportare un pericolo grave se la crisi compare durante il loro svolgimento.
Una certa prudenza - ad esempio nuotare o sciare insieme ad altre persone s'impone. Alpinismo e paracadutismo sono sconsigliati per tutti. L'attività agonistica nel suo insieme non è permessa alle persone affette da epilessia (D.M. 18/02/1982).
E' bene che chi vuole provi ad ottenere l'idoneità, facendo ricorso alla Commissione Regionale per le Attività Agonistiche.
PERCORSO EPILESSIA / Alla Diagnosi
Alla Diagnosi
Per tutti noi è difficile accettare un'imprevisto indesiderato, lo si vive "ingiusto", non lo si comprende e, spesso, rifiutando d'accettarlo, scaramanticamente, lo si nasconde sperando scompaia.
La comunicazione di diagnosi di situazione, temporanea o cronica, invalidante va fatta:
- dal personale medico in idoneo e riservato ambiente, offrendo adeguato tempo ed informazioni per la sua comprensione;
- fornendo, durante questa prima comunicazione, materiale informativo relativo sia al percorso terapeutico sia integrativo;
- assicurandosi che alla persona servita siano chiari i riferimento per i contatti terapeutici e d'integrazione sociale del caso.
Grazie alla ricerca medica molti sono i percorsi terapeutici che conducono alla guarigione o a garantire una buona qualità della vita.
Grazie all'impegno sociale molti dono i diritti acquisiti per la piena integrazione delle situazioni di svantaggio sociale derivanti da situazioni invalidanti e molti sono i preconcetti superati.
Sulla positiva esperienza elaborata - presso il Comune di Bologna - dalle tante famiglie che associandosi migliorano il servizio pubblico si è con loro ritenuto di offrire nel difficile momento della prima comunicazione di diagnosi invalidante un "foglio di comunicazione" che possa offrire un promemoria per accedere ad agevolazioni che... insieme... ci offrano percorsi integrativi e di socializzazione.
Un promemoria che per la sua ampiezza e generalità vuole essere valido quale riferimento per tutte le situazioni invalidanti ed una prima azione che venga seguita alla definizione di protocolli integrativi per aggregati di specifiche patologie.
venerdì 12 luglio 2013
PERCORSO EPILESSIA / Patente e Mobilità
Patente e Mobilità
Primo riconoscimento della guarigione e nuovi criteri per la guida - D.Lgs n. 59/11
La "Mobilità" per le persone con epilessia non può essere ridotta alla sola "patente", oltre a ciò, AICE è impegnata a che vengano garantite le agevolazioni alle persone che a causa della loro patologia non possano conseguire l'idoneità alla guida.
Con il nuovo Decreto Legislativo n. 59 del 18.04.2011 finalmente s'è conseguito un primo riconoscimento dei casi di guarigione e misure meno discriminanti per il riconoscimento dell'idoneità alla guida.
Se per il riconoscimento della guarigione bisogna ora ricondurlo alla "certificazione in evidenza scientifica" e non all'intervallo decennale di assenza di crisi in assenza di terapia, per l'idoneità alla guida bisogna rimuovere alcune limitazioni aggiunte immotivatamente rispetto a quanto previsto dall'originaria Direttiva Europea.
Cosa s'è conseguito:
- riconoscimento della guarigione clinica
- idoneità alla guida per le categorie A, B, B + E, A1 e B1, per chi ha:
- crisi esclusivamente in sonno e/o
- crisi senza effetti sullo stato di coscienza o capacità di azione
- da un anno senza crisi
- tempi e criteri più adeguati per la concessione, rinnovo e verifica
- certezza dell'obbligo di segnalazione di condizione di non idoneità
PERCORSO EPILESSIA / Lavoro
Lavoro: destinato ai soggetti con epilessia
Con l'introduzione della nuova Legge n. 68/99 per il collocamento delle persone invalide sono cambiate parecchie cose e sono ancora in corso l'emanazione di direttive per la sua completa applicazione. Attendiamo il perfezionamento di questi atti per ridefinire questo tema.
La maggior parte delle persone con epilessia non necessitano di particolari aiuti per diventare economicamente attivi. Qualche volta, tuttavia, l'epilessia causa problemi di una certa entità nel trovare e, successivamente, mantenere il posto di lavoro. Nel nostro Paese, al contrario di altri paesi europei, manca una legislazione sulla epilessia, che aiuti e favorisca l'inserimento sociale e lavorativo, del soggetto con epilessia. In Italia esistono due tipi di collocamento: 1) il collocamento ordinario, con iscrizione della persona in cerca di lavoro presso i Centri per l'Impiego; 2) il collocamento obbligatorio in base alla L. 68/99 (ex L. 482/68) (invalidità civile); Possono iscriversi al collocamento obbligatorio gli invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% (D.L. n. 509/88 art. 7); L'obbligo di assunzione riguarda i datori di lavoro privati, le Amministrazioni, le Aziende e gli Enti Pubblici con più di 35 dipendenti. Il collocamento avviene tramite l'Ufficio Provinciale del Lavoro, Sez. Invalidi Civili. La richiesta d'iscrizione deve essere presentata al citato ufficio dagli interessati.
- epilessia generalizzata con crisi annuali in trattamento 20% fisso
- epilessia generalizzata con crisi mensili in trattamento 46% fisso
- epilessia generalizzata con crisi plurisettimanali/quotidiane 100% fisso
- epilessia localizzata con crisi in trattamento 10% fisso
- epilessia localizzata con crisi mensili in trattamento 41% fisso
- epilessia con crisi plurisettimanali/quotidiane in trattamento da 91 a 100% fisso
Non basta certo il rapporto tra tipo e numero di crisi per definire lo stato invalidante e la possibilità di accesso al collocamento obbligatorio. Risulta evidente nella definizione di questa tabella il mancato coinvolgimento sia dell'Associazione sia della Lega Italiana contro l'Epilessia. Certamente necessita una sua revisione.
Lavoro destinato ai datori di lavoro pubblici e privati
Nella valutazione di un dipendente o in quella di un soggetto in cerca di lavoro, il datore di lavoro deve essere a conoscenza dei punti fondamentali riguardo l'epilessia ed il suo possibile impatto sull'esercizio del lavoro assegnato. I punti principali sono così riassunti:
- le crisi possono assumere diverse forme e molte persone subiscono solamente una crisi in tutta la loro esistenza, in tali situazioni l'epilessia non viene solitamente diagnosticata;
- quando un soggetto è colpito dalla prima crisi, possono aversi effetti negativi in termini di fiducia in sé stesso e la persona necessitare di un supporto psicologico e di un'istruzione riguardo l'epilessia;
- in molti casi le crisi che si verificano con una certa frequenza possono essere completamente controllate attraverso un'appropriata terapia. Questa è comunemente costituita dalla somministrazione di anti-epilettici (regolarmente e spesso per sempre);
- gli anti-epilettici se propriamente prescritti non producono alcun effetto secondario comportante particolari conseguenze sulle prestazioni lavorative;
- solamente in una minoranza di casi potranno presentarsi crisi sul lavoro o avere peggioramenti qualitativi delle prestazioni lavorative dovuti agli anti-epilettici;
- in questi casi la valutazione di un medico esperto in epilessia potrà spesso portare miglioramenti nel controllo delle crisi e ridurre notevolmente questo tipo di problemi;
- malattie, assenze ed incidenti sul lavoro non risultano essere più frequenti in soggetti epilettici che in altri lavoratori;
- i lavoratori affetti da epilessia non necessitano di un particolare tipo di assicurazione.
Epilessia e Lavoro:
destinato alle Organizzazioni Sindacali: adattabilità al tipo di lavoro scelto
La maggior parte dei lavori può venire esercitata anche da soggetti epilettici. Quando una persona affetta da epilessia possiede i giusti requisiti e la necessaria esperienze, l'adattabilità al lavoro dovrebbe normalmente essere scontata. Seguendo le linee indicate di seguito si dovrebbe riuscire ad assicurare che nessuna ingiusta restrizione sia imposta:
- qualora sia richiesto un parere medico circa l'adattabilità di particolari lavori a soggetti epilettici, dovrebbero essere tenute in considerazione le caratteristiche del lavoro ed i fatti conosciuti riguardo la malattia ed il verificarsi delle crisi;
- proibizioni senza valide motivazioni dovrebbero essere evitate;
- per quei lavori in cui è risaputo esservi un rischio elevato a livello fisico per il lavoratore o per terze persone, le organizzazioni competenti dovrebbero essere sentite per riuscire a portare questo rischio potenziale ad un livello accettabile.
Solamente in quelle situazioni nelle quali questo non può essere effettuato, restrizione nell'assunzione possono essere giustificate.
PERCORSO EPILESSIA / Scuola
- le crisi
- la somministrazione dei farmaci in orario scolastico
- il sostegno educativo a fronte di difficoltà cognitive e/o relazionali
Questi sono i principali problemi che affrontiamo nell'integrazione scolastica.
Nell'amplissimo panorama delle distinte condizioni in cui le epilessie possono manifestarsi ed incidere sul quotidiano di un alunno, della sua famiglia e della sua comunità scolastica la prima cosa da ricercare è lo sviluppo di rapporto di fiducia tra la Famiglia e la Scuola.
L'inserimento scolastico del bambino con epilessia può andare incontro ad alcune difficoltà anche in considerazione dell'età d'esordio della malattia che si manifesta nel 70% dei casi in età prescolare e nel 30% in età scolare.
A volte, quando si tratta di assenze il disturbo può essere segnalato, per la prima volta, dall'insegnante. Vanno considerati inoltre gli aspetti psicologici, comportamentali e di rendimento scolastico in rapporto all'assunzione dei farmaci.
L'integrazione del bambino spesso è complicata dal pregiudizio dell'insegnante dovuto alla scarsa informazione da cui deriva l'ansia del rapportarsi con il bambino e da un rifiuto, più o meno palese, con la conseguente emarginazione del bambino stesso (casi individuali a prescindere dal grado di socializzazione).
Proprio per questo, molti genitori, preferiscono non segnalare il disturbo del loro bambino. In questi casi consigliamo i genitori di sollecitare le Associazione regionali ad organizzare corsi di aggiornamento per gli insegnanti sia a livello provinciale che nelle singole scuole. I corsi devono essere tenuto da epilettologi, pedagogisti ed insegnanti con esperienza in materia.
Dal punto di vista burocratico, premesse le certificazioni da parte dello specialista della diagnosi, terapia e considerazioni particolari sul bambino affetto da epilessia, con deficit associati, l'Amministrazione scolastica prevede un insegnante di sostegno disponibile per un numero di ore in rapporto alla gravità del caso. Per coloro che sono affetti da epilessia senza altre complicazioni non è previsto alcun aiuto, salvo il caso in cui venga accertato che l'assunzione della terapia comporti disturbi della concentrazione, memoria e comprensione.
Ad ogni modo, sia che siano previste delle ore di sostegno per loro come per tutti gli allievi della scuola dell'obbligo, va programmato dai docenti un insegnamento individualizzato con obiettivi realmente raggiungibili da svolgere all'interno della classe o meno, a seconda di quanto concordato del consiglio di classe.
Ricordando che grazie ad AICE si conseguì nel 2002 il primo protocolo provinciale e nel 2005 le Raccomandazioni ministeriali, per quanto riguarda l'assunzione non specialistica dei farmaci a scuola, la posologia e le scadenze dell'assunzione deve essere certificata dallo specialista e consegnata al medico scolastico che autorizzerà per iscritto gli insegnanti a far assumere la terapia al bambino. Per ogni alunno in situazione di handicap opera collegialmente il Gruppo operativo interprofessionale previsto dalla CM n° 258/83, costituito dal Direttore Didattico o Preside, dagli specialisti dell'USL, dagli operatori educativo-assistenziali e/o tecnici dell'Ente Locale.
Il Gruppo si riunisce in date prestabilite almeno tre volte l'anno. Ai sensi dell'art. 6 del DPR 24.02.94, alla stesura ed alla verifica del Profilo dinamico funzionale e del Progetto educativo personalizzato è prevista la partecipazione della famiglia. Per ogni Circolo o Istituto è costituito il Gruppo di lavoro previsto all'art. 15, punto 2, della L. 104/92, con il compito di stimolare e coordinare i progetti e le azioni positive messe in atto da ogni unità scolastica per favorire l'integrazione. Tale gruppo è composto da: Direttore Didattico o Preside che lo presiede, 1 rappresentante dell'USL, 1 rappresentante dell'Ente Locale, 1 rappresentante dei docenti, 1 rappresentante degli studenti (scuole media di II grado), 1 rappresentante dei genitori di alunni con handicap o rappresentante di Associazione da loro indicato e 1 rappresentante dei genitori eletto nel Consiglio di Circolo.
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Le epilessie / Cause, classificazione, scienza e credenze.
Il termine Epilessia raccoglie numerose e distinte condizioni patologiche, ad oggi ne vengono classificate oltre 40.
Una scarica anomala tra le cellule del cervello può determinare sensazioni o azioni che si manifestano, indipendentemente dalla nostra volontà, e a seconda delle aree celebrali, in modi diversi.
Si possono percepire sensazioni tattili od odori, suoni, sapori, immagini, come si possono compiere azioni quale il tremito di un arto o l'irrigidimento e scuotimento di tutto il corpo. Tutto ciò con una perdita di contatto con l'ambiente circostante o parzialmente modificato o assente.
Una crisi non fa epilessia, può accadere accidentalmente, per disfunzioni transitorie o essere autoindotta. Meglio consultare uno specialista!
Perché sia un'epilessia, le crisi si devono verificare spontaneamente quale espressione di una condizione cronica di esagerata eccitabilità del cervello, in particolare della corteccia cerebrale.
Le epilessie possono insorgere a qualsiasi età, nell'80% dei casi le crisi iniziano prima dei 20 anni, nell'infanzia e nell'adolescenza.
Un altro picco degli accessi si manifesta nell'eta anziana.
L'epilessia interessa tra lo 0.5% e lo 0.8% della popolazione, oltre 300mila cittadini italiani, 25.000 nuovi casi ogni anno nel nostro Paese.
L'epilessia è un problema di grande rilevanza sociale: in Italia è riconosciuta come "malattia sociale" con D.M. nç 249/65.
Lo stigma derivante dal generale improvviso ed imprevedibile manifestarsi della crisi, l'ignoranza radicata nelle superstizione e norme discriminanti, clandestinizzano questo fenomeno di massa, e negano la piena cittadinanza alle persone affette da epilessia.
Siamo in tanti e, con le nostre famiglie ed amici, saremo in grado di migliorare la qualità delle nostre vite e la civiltà della nostra Comunità.
LE CAUSE
Le numerosissime cause che possono originare una epilessia possono essere così sinteticamente riassunte:
- una qualsiasi protratta alterazione, per causa congenita o acquisita, dell'apporto di ossigeno al cervello o anche ad una sua piccola parte;
- la malformazione o degenerazione di un gruppo di cellule o di tutto il cervello;
- uno scompenso metabolico, geneticamente determinato o acquisito che interferisca con la trasmissione tra i neuroni.
La mancanza o difficoltà di trasmissione tra le cellule porterà a scariche elettriche anomale.
Tali crisi manifesteranno, a seconda delle aree cerebrali interessate e della capacità inibitoria del sistema, comportamenti indipendenti dalla nostra volontà.
Non si conosce ancora bene il perché un focolaio diventi improvvisamente attivo, sappiamo però che alcune circostanze possono in alcuni casi scatenarle, non causarle: irregolarità del ritmo sonno/veglia, stress emotivi, abuso di sostanze alcoliche o farmaci, luci intermittenti, ciclo mestruale, droghe, ...
La causa delle crisi va ricercata, senza generare sensi di colpa o fantasiose responsabilità, affidandosi a medici competenti per le epilessie, specialisti in neuropediatria e neuropsichiatria infantile per le età in fase evolutiva - bambini ed adolescenti - e neurologi per quella adulta.
LA CLASSIFICAZIONE
La classificazione delle epilessie è in evoluzione! Questo vuol dire che ci si sta studiando sopra!
Le migliori informazioni, anche in relazione alla specificità di ogni caso, le avrete dal vostro medico curante.
Vengono ordinate per:
Sintomatologia (elementi caratteristici) in:
- generalizzate (subito bilaterali);
- parziali (inizio laterale, possibile la secondaria generalizzazione);
Eziopatogenesi (causa della nascita della malattia) in:
- idiopatiche (indipendenti da lesioni cerebrali);
- sintomatiche (dipendente da lesione cerebrale, diffusa o locale, evolutiva o fissa);
- criptogenetiche (causa non evidente);
Epilessie e Sindromi epilettiche focali Idiopatiche, età-correlate:
- epilessia benigna dell'infanzia a parossismi rolandici;
- epilessia idiopatica dell'infanzia con parossismi occipitali;
- epilessia primaria della lettura;
Sintomatiche e/o criptogenetiche:
- questa categoria comprende sintomi vari in funzione della localizzazione ed eziologia; se quest'ultima resta ignota si dice "epilessia parziale criptogenetica".
Epilessie e Sindromi epilettiche generalizzate Idiopatiche, età-correlate, in ordine cronologico:
- convulsioni famigliari neonatali benigne;
- convulsioni neonatali benigne;
- epilessia mioclonica benigna dell'infanzia;
- epilessia-assenze dell'infanzia;
- epilessia-assenze dell'adolescenza;
- epilessia mioclonica giovanile;
- epilessia con crisi di Grande Male al risveglio;
- epilessia con crisi precipitate da modalità specifiche;
- altre epilessie possono essere classificate come generalizzate idiopatiche senza far parte di queste sindromi.
Criptogenetiche e/o sintomatiche in particolare con:
- spasmi infantili (sindrome West);
- sindrome di Lennox-Gastaut;
- epilessia con crisi mioclono-astatiche;
- epilessia con assenze miocloniche;
Sintomatiche:
- senza eziologia specifica
- encefalopatia mioclonica precoce;
- encefalopatia infantile precoce con suppression-burst (Sd di Ohtahara);
- altre;
- sindromi specifiche:
- numerose eziologie metaboliche o degenerative possono essere incluse in questa categoria;
Epilessie il cui carattere focale o generalizzato non è determinato con associazione di crisi generalizzate e parziali, in particolare con:
- epilessia mioclonica grave;
- epilessia con punte-onde continue durante il sonno lento;
- epilessia con afasia acquisita (sindrome Landau-Kleffner);
Senza caratteri generalizzati o focali certi.
Sindromi speciali
Crisi occasionali legate ad una situazione epilettogena transitoria:
- convulsioni febbrili;
- crisi precipitate unicamente da un fattore tossico o metabolico (alcool, stress, dipendenza da farmaci, ipo/iper glicemia, ...).
SCIENZA E CREDENZE
"Penso che l'epilessia, detta anche morbo sacro, non ha nulla di divino e di più sacro delle altre malattie... Coloro che hanno consacrato l'epilessia alla divinità, li considero persone della stessa specie degli stregoni, incantatori, ciarlatani, bigotti. Hanno ricoperto la loro ignoranza con il mantello della divinità", Ippocrate (460 a.c. - 377 a.c.) dal "De morbo sacro"
Nonostante Ippocrate avesse già indotto l'epilessia ad ordinaria patologia neurologica, le credenze che tale condizione possa essere espressione "demoniaca" o "divina" trova, nell'ignoranza e preconcetto, ancora residuo credito.
Pari discriminazione è però generata anche da coloro che, verso chi coniuga l'epilessia al crimine e/o demenza vuole confutare ciò coniugando la patologia con espressione di genio e/o autorità.
L'epilessia raccoglie un articolato quadro di cause che generano parimenti articolate manifestazioni. Tutto ciò deve essere però sempre rapportato alle vite dei singoli soggetti che vivono l'epilessia ed i loro contesti sociali e culturali.
Ricordiamo che la dignità della Persona con epilessia sta nel suo essere Persona, Cittadino di questa Italia, Europa, Mondo, Universo.
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